La dengue semina il panico a New Delhi. E mostra i limiti della sanità privata

La febbre dengue ha fatto notizia in India, nelle ultime settimane. Anzi, ha quasi seminato il panico. Con oltre 9.000 casi registrati a New Delhi fino all’8 ottobre, e 30 morti – e migliaia di casi in altre città di tutta la nazione, le autorità parlano di uno scoppio (outbreak) di contagi. Ha fatto clamore, sui media indiani, soprattutto il caso di due bambini morti nella capitale New Delhi a metà settembre, a distanza di una settimana uno dall’altro: in entrambi i casi il piccolo era stato rifiutato da diversi ospedali, e quando finalmente è stato ricoverato era ormai troppo tardi. «Malasanità» sotto il cielo indiano? Anche, ma non solo. In effetti la dengue in India è un caso da manuale di cosa succede quando i servizi sanitari pubblici sono lasciati in declino, e la salute collettiva resta in mano al settore privato.

La dengue non è una malattia particolarmente pericolosa, se diagnosticata e trattata. È provocata da un virus (anzi, quattro virus molto simili), è trasmessa agli esseri umani da alcune zanzare (in particolare la Aedes Aegipti): bisogna che questa abbia punto una persona infetta per infettarne un’altra, non c’è contagio diretto tra gli umani (qui una scheda dell’Istituto Superiore di Sanità). È diffusa in paesi tropicali e subtropicali e in molte zone dell’India è endemica, in particolare durante la stagione delle piogge, tra giugno e ottobre, quando le città si riempiono di acqua stagnante: pozzanghere, cassoni (spesso aperti) sui tetti delle case, buche nelle strade e quant’altro, tutti perfetti vivai di zanzare. Ed è una malattia soprattutto urbana, perché la densità di umani è critica.

I sintomi sono febbre e spossatezza, a volte dolori alle ossa. Non esiste una cura, il corpo deve reagire e debellare il virus: bisogna però sostenere l’organismo, reidratare, analgesici se necessario, e molto riposo (casi più gravi possono provocare emorragie e shock). Ma non è molto letale – certo, se viene diagnosticata e il paziente viene sostenuto.

La vera cosa da fare però è evitare che la dengue colpisca, cioè debellare le zanzare. Questo il punto. È tutta una faccenda di prevenzione e sanità pubblica. Di servizi medici e ambulatori pronti a intervenire.

Ma prima, il solo modo di eliminare la dengue (e così anche la malaria, e gli scoppi di gastroenterite o infezioni respiratorie che sono ben più letali) bonificare le pozze d’acqua stagnante, rimuovere i cumuli di rifiuti dalle strade (in quelle dei suburbi più popolari e poveri, e ovviamente degli slum, perché quelli più chic sono normalmente puliti). E garantire la distribuzione di acqua potabile: perché nelle zone povere della città, soprattutto negli ammassi umani informali chiamati jhuggi (slum, bidonvilles), dove non arriva il normale acquedotto, gli abitanti raccolgono l’acqua piovana, o quella distribuita dai camion cisterna, con grande spargimento di acqua che ristagna a terra.

La dengue c’è sempre in India, ma ogni due o tre anni si registra un picco: e questo è il peggiore dal 2006. Perché? La municipalità di New Delhi ha cominciato le fumigazioni per debellare le zanzare molto tardi, a piogge monsoniche già iniziate, riferisce Frontline, magazine indiano che questa settimana dedica l’apertura alla dengue. Che però parla soprattutto del pericoloso disinvestimento pubblico dalla sanità, e di insufficenza dei presidi medici di base.

Il governo indiano, leggiamo, ha ridotto il proprio ruolo a una piccola parte della sanità, si limita più che altro ad aspetti preventivi come le vaccinazioni, mentre ha delegato praticamente tutta la parte clinica al settore privato. Così oggi l’India ha il sistema sanitario più privatizzato del mondo: quasi l’80 per cento della sanità è in mano privata. Oltre il 70 per cento della spesa medica è pagata direttamente dai pazienti. Da quelli che possono, ovviamente: secondo Frontline si può stimare che 40 milioni di persone sono spinte sotto la soglia di povertà proprio dal non poter pagare un medico.

I picchi di malaria o di dissenteria – o di dengue – non sono una grande notizia: ci sono sempre, sono malattie da poveri, non fanno più che trafiletti sui giornali. La dengue ha attratto più attenzione pubblica, forse anche perché la storia dei due bambini ha commosso. E perché le loro famiglie non erano “povere”.

A ben guardare, proprio quei due bambini morti di dengue nella capitale indiana sono un paradosso. I loro genitori sono persone di classe media, diremmo piccola borghesia. I bambini erano sani e vivaci, e quella febbretta all’inizio non aveva impensierito i genitori: dopo qualche ora però la situazione era peggiorata e sono corsi a un ospedale, poi a un altro, poi a un altro, che però si dichiaravano al completo. Tutti ospedali privati. Una delle due famiglie in effetti passava già da giorni da una trasfusione (a pagamento) all’altra.

Quelle famiglie non hanno neppure fatto il tentativo di rivolgersi al servizio pubblico, convinti di offrire ai propri figli il meglio. Invece le strutture private li hanno respinti adducendo che non avevano letti liberi per casi di dengue: dimostrando zero etica medica (non si respinge un paziente senza almeno stabilizzarlo: e dopo quella storia, il governo ha emanato direttive agli ospedali di New Delhi, che dovranno accogliere i malati di dengue).

Malasanità dunque: ma malasanità privata. E pronta a ripetersi.

 

@fortimar