Esiste o no, nell’Amazzonia ecuadoriana, una strada che attraversa il Parco nazionale di Yasuni fino al Blocco 31, zona di estrazione di petrolio? Dalle foto satellitari pare proprio di sì. Il governo dell’Ecuador invece nega: non esiste nessuna strada. Ora una giornalista svela il segreto: la strada c’è e lei l’ha percorsa, raccogliendo foto e filmati. Una rivelazione destinata ad alimentare le polemiche attorno ai pozzi di petrolio del parco Yasuni, e il confronto politico tra il governo del presidente Rafael Correa e quanti criticano la politica di espandere l’estrazione di idrocarburi, con le popolazioni indigene in primo piano.
Il parco Nazionale di Yasuni è un’ampia zona di foresta amazzonica in Ecuador vicino al confine con il Perù. Con oltre 100 mila specie per ettaro, è considerata tra le più “biodiverse” del pianeta. Per questo è una zona protetta, abitata da alcune popolazioni indigene tra cui due che restano in quello che viene ufficialmente definito “isolamento volontario”. Ma racchiude anche un grande giacimento petrolifero: si stima sia il 20 per cento del petrolio ecuadoriano.
Due anni fa il governo dell’Ecuador ha autorizzato l’estrazione nel parco di Yasuni, in quello che viene designato sulle mappe dei giacimenti del paese come Blocco 31. La decisione di cercare petrolio nella foresta protetta è arrivata dopo un (fallito) tentativo di inventare un meccanismo per lasciare il petrolio sotto terra: la “Iniziativa Yasuni-ITT” era una sorta di “scambio” tra reddito e natura: il petrolio non viene estratto e i potenziali acquirenti sottoscrivono “buoni” per compensare l’Ecuador del reddito mancato, con un sistema organizzato dalle Nazioni unite. Utopistico forse, ma un fronte di gruppi ambientalisti e organizzazioni delle comunità indigene in Ecuador chiede ancora un referendum per espellere le trivelle da quella foresta, e accusa il governo di permettere la consultazione dei cittadini.
Forse è per questo che alla fine del 2013, quando ha aperto allo sfruttamento petrolifero il triangolo Ishpingo-Tiputini-Tambococha, quasi tutto all’interno del Parco naturale, per il Blocco 31 il governo ha posto la condizione che nessuna strada venga costruita attraverso quella preziosa foresta: solo un tracciato, che poi sarà ricoperto dalla foresta. Il motivo è chiaro: una strada apre un accesso, ovunque ci sono strade arrivano prima o poi tagliatori di legname, coloni e altro.
Non è la prima volta che si parla di una strada nel Yasuni – anzi, se ne parla da anni. Alcuni, tra i critici della politica di espandere l’estrazione petrolifera, la citano come prova che il governo non ha mai preso sul serio la storia dell’area protetta. Il governo però nega che esista. Del resto è una zona così remota che andare a vedere non è così semplice.
L’anno scorso però un gruppo di ricercatori ha pubblicato un rapporto corredato da foto satellitari ad alta definizione. ¿Bloque 31: sendero ecológico o carretera petrolera? è un rapporto pubblicato su Geoyasuni.org, condotto tra gli altri da ricercatori dell’Università di Padova. Da quelle foto la strada si vede benissimo: è proprio una strada, larga 30 metri e oltre (non i 10 metri di un semplice tracciato), con veicoli pesanti che la percorrono.
Anche dopo quel rapporto il governo ha negato: sostiene che Petroamazonas, la compagnia petrolifera nazionale, ha costruito solo un “sentiero ecologico” (ecological trail), temporaneo, servito a stendere la conduttura interrata.
Così, la giornalista Nina Bigalke ha deciso di andarci. E ha pubblicato questo reportage, che vale la pena di guardare.