Respirare è faticoso, a Tehran. La capitale iraniana, che con il suo distretto urbano allargato fa circa 12 milioni di abitanti, è tra le città più inquinate del mondo – se la batte con Pechino, New Delhi, Città del Messico. I motivi sono da cercare nei quattro milioni e più di auto e 2,5 milioni di moto in circolazione, nella qualità del carburante (pessima, con alti contenuti di benzene), negli impianti di riscaldamento a tutto volume. E nella geografia: questa è una città estesa tra 1.100 e 1.700 metri sul livello del mare (sì: tra Tehran sud e nord ci sono 600 metri di dislivello) e chiusa a nord dalla catena dei monti Alborz, che creano una bellissima vista ma limitano la circolazione dei venti: così fumi e smog ristagnano sulla città.
Ogni tanto il ministero della salute diffonde cifre allarmanti sulle morti premature dovute a problemi respiratori legati allo smog. Nei momenti peggiori, di solito d’inverno, le autorità ordinano la chiusura di scuole e uffici per un giorno o due, per far calare l’inquinamento. Ma per andare alla radice del problema bisognerebbe rivedere la qualità del carburante, limitare il traffico di veicoli privati (già oggi limitato nelle zone centrali), potenziare il trasporto collettivo (che pure non manca: oggi ci sono cinque linee di metropolitana e la municipalità progetta di raddoppiarle nel giro di 5 anni, per un totale di 360 chilometri). E cominciare a introdurre qualche idea di risparmio energetico.
La città, del resto, continua a espandersi. Qui l’edilizia è in pieno boom, Tehran sembra in preda a una follia palazzinara: ogni volta che torno, anche solo a distanza di pochi mesi, trovo nuovi palazzoni. La città del primo Novecento, le vecchie case basse con giardinetti, o anche i condomini anni ’40 e ’50, sono ormai quasi scomparsi, sostituiti da edifici di parecchi piani, piccoli grattacieli, spesso pretenziosi.
Ma è soprattutto l’espansione urbana a fare impressione: città satellite attorniano la capitale per decine di chilometri. Questa foto è presa dall’autostrada diretta a Qazvin, città a 150 chilometri a nord-ovest della capitale: un susseguirsi di zone industriali e di nuove urbanizzazioni come questa. Blocchi di edifici che si susseguono senza un centro apparente, spesso circondati dal nulla, città-dormitorio in attesa di crearsi intorno un po’ di verde, servizi, “amenità urbane” – case costruite in fretta per dare alloggio a una popolazione cresciuta in modo rapido tra gli anni ’70 e ’80.
L’inquinamento urbano è solo uno dei problemi ambientali dell’Iran: la scarsità d’acqua aggravata da anni di siccità cronica, un lago che si sta prosciugando, periodiche tempeste di sabbia…
Dunque, questo è il cielo grigio che mi ha accompagnato nelle ultime due settimane. Come avrete capito, terraterra era in viaggio a Tehran (città vivace e molto interessante, ma questo è un altro discorso).