Tiffany & Co e alcune altre gioiellerie e imprese che commerciano in diamanti hanno firmato una lettera aperta al presidente dell’Angola, uno dei grandi produttori di diamanti. Chiedono di mettere fine al procedimento giudiziario contro il giornalista e attivista angolano Rafael Marques de Morais, autore di un’inchiesta su violenza e sfruttamento bestiale nella regione del fiume Cuango, la principale regione diamantifera del paese. Accusato di diffamazione, Marques è stato condannato il 28 maggio a sei mesi di detenzione (sospesa).
Dunque non è finita, la vicenda di Marques e del suo libro Diamantes de sangre. Corrupção e Tortura em Angola, di cui abbiamo scritto qualche tempo fa. Nella sua inchiesta Marques accusa sette generali dell’esercito angolano di complicità in un centinaio di casi di tortura e uccisioni commesse dai servizi di sicurezza delle aziende diamantifere, di cui i militari sono comproprietari. Denunciato per diffamazione dai medesimi generali, rischiava fino a 9 anni di carcere e oltre un milione di dollari di multa.
Il processo in effetti non c’è stato. Marques pensava di aver raggiunto un accordo extragiudiziario con i suoi accusatori, che però si sono rivelati più astuti di lui. Secondo l’accordo, il giornalista ammetteva che i generali non erano a conoscenza dei fatti da lui denunciati e loro avrebbero ritirato la querela. L’accordo era stato suggellato da una dichiarazione fatta dal giornalista davanti alla corte.
Invece, a sorpresa, giovedì scorso il giudice Adriano Cerveira ha pronunciato la condanna (sospesa) a carico del giornalista per calunnia, e gli ha ordinato di «ritirare il libro dal mercato, incluso dell’internet, e non ripubblicarlo o tradurlo». Il libro era stato pubblicato nel 2011 da un editore portoghese, su cui il giudice angolano non ha giurisdizione: e infatti il libro si trova ancora qui, sul sito dell’editore Tinta da China – mentre non si trova più su Maka Angola, il sito di Marques de Morais.
Una condanna sospesa significa che Marques per ora non va in carcere: ma in ogni momento, nei prossimi due anni, il giudice potrebbe decidere di chiamare il giornalista a scontarla. Insomma, una minaccia continua, una pressione perché non vada avanti con le sue inchieste. Marques ha commentato che i generali l’hanno deliberatamente fuorviato.
Di certo c’è che i generali hanno così evitato un dibattimento in aula che si sarebbe rivelato molto imbarazzante: alcuni testimoni erano già arrivati dalla lontana regione diamantifera, e il caso aveva acceso un certo interesse internazionale – comunque fosse finito il processo, sarebbero stati additati come quelli che si arricchiscono su un sistema di violenza.
Nella lettera al presidente José Eduardo dos Santos, Tiffany e gli altri firmatari (il regista Steve McQueen, artisti, giornalisti e altri nomi noti) scrivono tra l’altro che «le inchieste di Marques sulle violazioni dei diritti umani non devono essere impedite dalla minaccia della galera», e fanno appello al presidente Dos Santos perché «assicuri gli standard della legalità internazionale in occasione dell’appello».
La lettera viene consegnata all’ambasciata angolana a Londra dall’organizzazione Index on Censorship, che anni fa aveva premiato Marques per le sue coraggiose inchieste su corruzione e violazioni dei diritti umani in Angola.