Update: il disastro di Tianjin, ricadute ambientali e fallout politico

Lunedì mattina le autorità di Tianjin, in Cina, hanno ammesso che livelli eccessivi di sostanze chimiche tossiche sono state rilevate nella zona portuale della città, devastata dalle esplosioni avvenute mercoledì notte in un magazzino di logistica. La presenza di elementi tossici sulla superficie delle acque reflue arriva fino a 27 volte i limiti di legge, si legge sul Quotidiano del Popolo (qui, in inglese).

Sempre lunedì, per il secondo giorno consecutivo, abitanti della zona disastrata sono andati a dimostrare davanti all’hotel dove le autorità tenevano una conferenza stampa. I familiari dei vigili del fuoco dispersi chiedono spiegazioni e notizie. Gli abitanti della zona circostante l’esplosione chiedono risarcimenti. «Non è una protesta, è solo l’unico modo di farci notare dalle autorità», dicevano alcuni dimostranti (alla Bbc).

Gli abitanti chiedono che il governo ricopri le loro case devastate dall’esplosione (circa 17mila abitazioni sono danneggiate). Non sapevano che ci fossero sostanze pericolose in quei magazzino, dicono: «Pensavamo che fossero solo mucchi di container e parcheggi di auto importate. Nessuno ci aveva detto che c’erano depositi di sostanze chimiche, o altrimenti avrei scelto di vivere altrove», dice ad esempio un uomo di 27 anni, che aveva comprato un appartamento in zona (sul blog in lingua inglese The Nan Fang).

Ma quali sostanze tossiche? Mentre il bilancio umano del disastro continua a salire (lunedì sera si parla di 114 morti e almeno 70 dispersi, per la gran parte vigili del fuoco, oltre a quasi 700 feriti ospedalizzati e almeno 6.000 sfollati), a Tianjin la mancanza di informazioni certe resta un punto critico. E le autorità si trovano a gestire una difficile ricaduta ambientale, con un fallout politico non meno delicato.

Ricapitoliamo. Solo domenica, cioè quattro giorni dopo il disastro, le autorità hanno ammesso formalmente che nei magazzini esplosi si trovava una grande quantità dicianuro di sodio: più di 100 tonnellate, ha detto Shi Luze, capo dell’Esercito del Popolo nella regione militare di Pechino (infatti il governo ha mandato a Tianjin circa 3.000 soldati, addestrati nella gestione di sostanze chimiche, a cercare le sostanze disperse nel raggio di 3 chilometri dal luogo dell’esplosione; intanto per neutralizzare il cianuro di sodio usano perossido di idrogeno).

Nessuno però dice con precisione quanto cianuro di sodio, né quali altre sostanze siano coinvolte nel disastro. L’alto ufficiale ha detto “oltre 100 tonnellate”, ma un quotidiano locale, il Southern Metropolis Daily, riferisce che nei magazzini della Ruihai International Logistics, dove è avvenuto il disastro, c’erano al momento delle esplosioni ben 700 tonnellate di cianuro di sodio – mentre la quantità massima ammessa sarebbe 10 tonnellate (anche questo è citato dal blog Nan Fang). Un’altra sostanza nominata è nitrato di potassio, ma neppure di questo si conoscono le quantità.

La discrepanza perfino tra notizie ufficiali e media locali è sintomo di un problema politico per i dirigenti cinesi. Il fatto è che di solito, in caso di disastro, le sole notizie autorizzate circolano tramite pochi media di stato (come l’agenzia Xinhua o la China Central Television). Ma Tianjin è una grande città in una zona altamente industrializzata, ed è stato impossibile impedire che sui media apparissero in questi giorni notizie contraddittorie: come l’ordine di evacuazione nel raggio di 3 chilometri dal luogo delle esplosioni, annunciato dai media locali e poi smentito da quelli di stato (lo fa notare il Financial Times).

Notizie e domande continuano a circolare anche su internet, anche se circa 50 siti sono stati chiusi o sospesi, accusati di diffondere voci “irresponsabili” (tra cui quella che il padrone della Ruihai Logistics sarebbe ammanicato con dirigenti del governo: che potrebbe essere ben più di una voce, a giudicare dalle confuse notizie delle ultime ore sulla reale proprietà dellazienda).

Restano tutti i dubbi sulle ricadute per la salute degli abitanti, immediate e più a lungo termine.

Il cianuro di sodio è uno dei veleni più potenti e rapidi che esistano. È usato in processi industriali, per fumigazioni, e nell’industria mineraria per separare oro e argento dai minerali grezzi a cui sono associati. È trasportato in forma di cristalli o polvere; è solubile in acqua; se brucia (come in una esplosione) produce gas acido cinidrico. Letale se ingerito o inalato, ha effetto sistemico, cioè attacca l’intero organismo cominciando dagli organi più sensibili al livello di ossigeno: il sistema nervoso centrale (cervello), il sistema cardiovascolare e quello polmonare. Il nitrato di potassio (chiamato anche salnitro) è invece usato nella fabbricazione di fertilizzati, ma anche di esplosivi.

L’informazione ufficiale tende a rassicurare. Shi Luze, l’alto ufficiale dell’Esercito del popolo, ha detto che è rimasto solo «un minimo gas velenoso» nell’epicentro dell’esplosione. Ma la situazione dipenderà molto dalla direzione e forza dei venti (oggi spiravano verso nord-nord-est). E in ogni caso non ha affatto rassicurato i cittadini, che continuano a chiedere informazioni precise.

Quanto alle responsabilità, l’agenzia Xinhua (Nuova Cina, agenzia stampa ufficiale) riferisce che l’Ufficio del procuratore ha mandato il suo personale a indagare.

Il disastro di Tianjin rivela solo «la punta dell’iceberg», afferma Greenpeace East Asia. In un comunicato diffuso lunedì 17 parla di «anni di negligenze» nelle normative di sicurezza.

Il governo cinese ha introdotto nel dicembre 2011 una normativa severa sull’immagazzinamento, trasporto, produzione e import/export di sostanze chimiche pericolose.

Ma Greenpeace nota almeno tre problemi:

1, non è stato davvero monitorato con attenzione cosa veniva trasportato e immagazzinato presso la Ruihai Logistics, forse anche perché la responsabilità è divisa tra diverse autorità (ministero dei trasporti, della pubblica sicurezza, ente per la sicurezza sul lavoro)

2, tra quei magazzini e le prime abitazioni corrono appena 560 metri: non è una distanza di sicurezza sufficiente.

3, le autorità non riescono ancora a identificare con precisione quali e quante sostanze chimiche sono coinvolte: dunque la Ruihai Logistics non ha seguito le procedure e normative.

O forse, aggiungiamo, le norme non sono abbastanza stringenti – il riferimento alla Direttiva Seveso europea resta valido.

In ogni caso, conclude Greenpeace, il disastro di Tianjin «dovrebbe suonare un allarme per il governo cinese».

@fortimar